giovedì 25 gennaio 2018

Ventisei, Il Rio, 2012

Di Antonio Indovino

Toscana Rosso IGT, Ventisei, Il Rio, 2012


Eccomi qui, ancora una volta e con grande piacere a parlare di Paolo Cerrini: eno-artigiano ed appassionato per l'agricoltura, che ha deciso di abbandonare la sua attività di orafo per coltivare una passione che lo ha portato a creare un marchio "cult" per gli  adetti ai lavori. Ho avuto modo di scriverne in precedenza, ed in particolare di un altro suo vino, l'Annita, cui vi rimando (link) per poter leggere la "storia" di Paolo e le mie personali impressioni sull'altro vino.

Quest'oggi sono qui a raccontare il Ventisei 2012, un rosso da Pinot Nero anch'esso prodotto a Vicchio di Mugello, sull'Appennino Tosco-Romagnolo.
Le uve completamente diraspate subiscono una parziale macerazione carbonica, dopodichè il mosto fermenta in acciaio a temperatura controllata. In seguito il vino viene elevato in barriques per 12 mesi sulle sue fecce, dove svolge anche la malolattica, per poi affinare in bottiglia altri 12 mesi prima della commercializzazione.


Nel calice si presenta con una trasparente, vivida e meravigliosa veste rubina attraversata da riflessi color mattone che si concretizzano all'orlo nel bicchiere.
Il naso è sottilissimo, elegante e ben stratificato. Dopo la fase di "chiusura" iniziale in cui predomina una nota di cuoio, lo spettro olfattivo è divenuto man mano più arioso, aprendosi su toni di piccoli frutti rossi maturi, caramella al lampone, fiori composti, caffè, liquirizia, menta candita e carbone dolce.
Elegantissimo in bocca, morbido, suadente, appeso al filo di un'acidità vitale sul cui gioco trovano forza dei tannini perfettamente maturi ma mai invasivi, quasi comprimari. Il sorso chiude con una piacevole e stimolante sapidità ed una lunga carrellata di
richiami prevalentemente fruttati, poi tostati e terrosi.
Un vino che fa della piacevolezza di beva la sua pricipale chiave di lettura, che si offre con lentezza al naso e sa ripagare chi ha la pazienza di aspettarlo senza troppe "torture" nel calice.

Da bere adesso, senz'altro, perchè è al suo apice evolutivo, magari servendolo non oltre i 16°C in abbinamento a dei Tagliolini Cacio, Pepe e Bottarga. 


Prezzo in enoteca: 20-25€
Contatti: www.ilriocerrini.it

Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Degustatore Ufficiale e Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina
 


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mercoledì 24 gennaio 2018

Per' e' Palummo, La Pietra di Tommasone, 2016

Di Antonio Indovino

Ischia Per' e' Palummo DOP, La Pietra di Tommasone, 2016


Ci troviamo a Lacco Ameno, sul versante nord dell’Isola D’Ischia. Qui la viticoltura si è diffusa in epoca ellenica per la grande ricchezza del suolo. È considerato in effetti il primo stanziamento greco in Italia e fu battezzata col nome Pithecusa, che letteralmente significa “popolata dalle scimmie”, poiché era completamente disabitata. Successivamente, in epoca romana, venne poi battezzata col nome Aenaria (luogo delle viti e del vino) e veniva sfruttata soprattutto per la sua centralità nel Mediterraneo, poiché vi facevano tappa le milizie per rifornirsi di cibo e vino (soprattutto) durante gli spostamenti in mare. Nonostante il boom del turismo negli anni ’60 abbia portato ad un calo drastico della superficie vitata i Monti, ormai vignaioli da 5 generazioni, hanno conservato e portato avanti la tradizione vitivinicola. Tommasone negli anni ‘50 era dedito soprattutto alla produzione ed alla vendita del vino sfuso, ma con la sua morte nel 1980 la cantina andò in disuso poiché il figlio Antonio emigrò in Germania, a Colonia, dove ha messo su famiglia ed aperto un ristorante nell’87. Alla fine degli anni ’90 Antonio eredita la cantina e 4ha di vigna ma il ristorante in Germania gli impedisce di prendersene cura personalmente, pertanto, la figlia Lucia decide di specializzarsi in viticoltura ed enologia, e torna sull’isola per riprendere la tradizione familiare dopo una battuta d’arresto di 20 anni. Tutto il vigneto è stato da lei reimpiantato con una concezione moderna e la cantina, opportunamente rimodernata, nel 2004 ha vinificato le uve che hanno portato nel 2005 alla commercializzazione delle prime 15000 bottiglie di Pithecusa Bianco e Rosso. Da lì è iniziata poi una escalation che ha portato alla rivalutazione di altri 8ha di vigne abbandonate, prese in affitto, che tutt’oggi Lucia gestisce con l’aiuto del marito: curando personalmente la parte agronomica ed enologica dell’azienda.

Ho avuto la fortuna di provare il suo Per’ e’ Palummo 2016, ottenuto da Piedirosso in purezza, vinificato esclusivamente in acciaio dove matura per 5 mesi prima dell'imbottigliamento. È un vino dalla vivida e compatta veste rubina, dal naso che profuma di amarene, violette ed alloro. In bocca è schietto, morbido, succoso, fresco, con un tannino morbido ed appena percettibile, ed una chiusura piacevolmente sapida in cui ritornano le note fruttate. 


In sintesi: godurioso se abbinato a del Salame o della Salsiccia essiccata, ma che d’estate berrei molto volentieri in abbinamento a delle Penne alla Siciliana, magari leggermente fresco! 

Prezzo in enoteca: 5-10€
Contatti: www.tommasonevini.it


Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Degustatore Ufficiale e Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina
 

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martedì 23 gennaio 2018

Oi Nì, Tenuta Scuotto, 2013

Di Antonio Indovino

Campania Fiano IGP, Oi nì, Tenuta Scuotto, 2013



Eccomi qui, ancora una volta, a parlare di un'Azienda dell'avellinese che ha avuto il coraggio di rompere gli schemi e di affermarsi sul mercato con un Fiano "non convenzionale" e che rinnega, per una scelta produttiva ben precisa, la denominazione di origine in etichetta! Può sembrare assurdo, a maggior ragione se si pensa che questo vino è ottenuto da uve di uno dei Cru più rappresentativi dell'intero areale, ovvero Lapio, ma la singolare espressione nel calice è sufficiente a portare l'attenzione su tutt'altro piano. Avendo già scritto in precedenza di Tenuta Scuotto, e della prima annata commercializzata di Oi nì, la 2011, vi rimando all'articolo precedente (link) per informazioni più dettagliate sul vino e sulla scommessa vinta da Eduardo ed Adolfo Scuotto.

Veniamo al dunque, ed a questo Oi nì 2013 che denota un'eleganza, un equilibrio ed una sorbevolezza ancor maggiori rispetto al "fratello" più grande, cui paga il dazio però sul piano olfattivo: chi avrà pazienza sarà senz'altro ripagato da un vino dal profilo più evoluto!
Nel calice si tinge di un intenso e vivido color oro. Il naso è di grande impatto e sprigiona profumi di ananas e susine mature, vaniglia, miele, camomilla ed una nota erbacea di fondo che ricorda il fieno. Il sorso è d'impatto, ricco, avvolgente, equilibrato da una buona dose di freschezza ed una grande sapiditá, completato da una lunghissima ed appagante chiusura di bocca dai richiami fruttati e speziati. Un bianco che merita un calice voluminoso e qualche grado di temperatura in più per apprezzarlo in pieno, e che io abbinerei volentieri ad un Risotto allo Zafferano. 


Prezzo in enoteca: 15-20€
(per le ultime annate in commercio)
Contatti: www.tenutascuotto.it
 
Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Degustatore Ufficiale e Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina
 


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venerdì 12 gennaio 2018

Don Vincenzo, Casa Setaro, 2013

Di Antonio Indovino

Lacryma Christi del Vesuvio Rosso DOC, Don Vincenzo, Casa Setaro, 2013



Ci troviamo a Trecase, nel Parco Nazionale del Vesuvio, sul versante sud del vulcano quiescente: una zona in cui la viticoltura è radicata da millenni. Qui i Setaro, una comune famiglia contadina, nel corso degli anni hanno acquistato diverse vigne dislocate lungo questi pendii sabbiosi, dall’Alto Tirone al Bosco del Monaco, ed il vino da esse ottenuto era destinato al consumo proprio ed alla vendita dello sfuso. Massimo nel 2004 raccoglie il testimone di papà Vincenzo e, con la stessa passione, decide di prendersi cura di quelle viti storiche a piede franco di varietà autoctone come il Piedirosso e l’Aglianico, unica come il Caprettone! L’identità forte di questi terreni, e la grande variabilità in poche decine di metri, hanno spinto Massimo a dare un taglio netto col passato, alla creazione di un marchio proprio che potesse raccontarle. I dogmi imprescindibili sono stati le massime di papà Vincenzo: “rispetta ed ama la terra e lei saprà ricompensarti”, “nulla è più leale della natura, se dai ricevi”. Insieme alla moglie Mariarosaria, inizia così a “calare” le vecchie pergole a filari, per mantenere le viti storiche pur adeguandone il sistema di allevamento. Poi, oltre ad un approccio rispettoso e ragionato in vigna, è iniziata una grande sperimentazione in cantina: senza interventi eccessivi ma capace di dar vita a prodotti unici nel loro genere, come il metodo classico da Caprettone.

Quest’oggi vi parlo del rosso più ambizioso di Massimo, della riserva prodotta in onore del padre: il Don Vincenzo del millesimo 2013. Ottenuto da un uvaggio di Piedirosso ed Aglianico che crescono tra i 220 ed i 350 m di altitudine e vengono allevati con la tradizionale pergola vesuviana ed a spalliera con potatura a guyot. La fermentazione avviene in acciaio dopo una criomacerazione di 48 ore, ed il vino matura in tonneaux di rovere francese per 24 mesi prima dell’imbottigliamento.

Nel calice si tinge di un vivido rubino dall’orlo che vira verso granato. Al naso è arioso, dominato da profumi di amarena ed alloro, di geranio, legna arsa e radice di liquirizia. Il sorso è succoso ed agile, di grande freschezza e sapidità, con tannini maturi, perfettamente integrati e mai invasivi, ed una lunga scia terrosa e minerale.
Un rosso da bere a 16°C in abbinamento a dei Mezzanelli alla Gernovese di Pollo.


Prezzo in enoteca: 10-15€
Contatti: www.casasetaro.it


Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Degustatore Ufficiale e Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina
 


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