martedì 27 febbraio 2018

Vigna Camarato, Villa Matilde, 2007

Di Antonio Indovino

Falerno del Massico Rosso Riserva DOC, Vigna Camarato, Villa Matilde, 2007

Ci troviamo a Cellole, in provincia di Caserta, ai piedi del vulcano spento di Roccamonfina: un areale conosciuto come Ager Falernus nell'epoca romana. È qui che negli anni '60, con Francesco Paolo Avallone, inizia la storia dell'Azienda Vitivinicola Villa Matilde. Avvocato, eno-appassionato e strenuo sostenitore delle radici del suo territorio, nonchè cultore della letteratura latina, rimase incuriosito dai racconti di Plinio e dai versi di Virgilio, Marziale ed Orazio sul vinum Falernum, prodotto lungo i declivi di quelle colline dell'alto casertano. Fu così che iniziò uno studio approfondito per recuperare i cloni di vite ellenica che venivano coltivati in quella zona. Coadiuvato da un gruppo di amici, tra cui alcuni docenti della Facoltà di Agraria dell’Università di Napoli, individuò, dopo anni di studio, quelle viti che erano state coltivate fino a mezzo secolo prima, e da cui si produceva il Falerno: pochi ceppi, sopravvissuti alla fillossera, sparsi lungo le pendici del Massico. Con l’aiuto dei contadini del posto Avallone reimpiantò quelle varietà tipiche, e fondò Villa Matilde: un’azienda divenuta storica, portata avanti dai fratelli Maria Ida e Salvatore, che hanno esteso i loro orizzonti vitivinicoli anche nel Sannio e nell’Irpinia. 


Quest’oggi vi parlo del Vigna Camarato (del millesimo 2007), il Falerno Rosso Riserva prodotto solo nelle migliori annate. Vinificato e maturato in barriques di rovere francese (1°, 2° e 3° passaggio), macera con le bucce per poco più di 3 settimane e resta in botte per 18 mesi circa prima dell'imbottigliamento.

Vivido ed integro nella sua fitta tonalità rubina, denota gli anni solo nell’orlo del calice che vira verso il granato. Al naso il primo impatto è di confettura di mirtilli e ciliegie nere sotto spirito, cui seguono profumi di erbe aromatiche, chinotto, radice di liquirizia e cannella. In bocca è pieno, morbido, disteso, avvolge il palato in un piacevole abbraccio calorico, sorretto da una vitale freschezza su cui fa leva la rifinita trama tannica, ed una stimolante percezione sapida, per chiudere in una lunga scia fruttata e speziata. Un rosso che berrei in un ampio calice, a 16°C, in pendant con uno Spezzatino di Cinghiale. 

Prezzo in enoteca: 35-40€
Contatti: www.villamatilde.it

Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Degustatore Ufficiale e Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina
 


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Fiano di Avellino, Guido Marsella, 2013

Di Antonio Indovino

Fiano di Avellino DOCG, Guido Marsella, 2013

Ci troviamo in provincia di Avellino, a Summonte, alle falde dei rilievi appenninici del Partenio. È qui che nel 1990 inizia l'avventura da vignaiolo di Guido Marsella. In quel periodo nessuno mai avrebbe osato spingersi sin lassù, a 600m di altitudine, per impiantare una vigna: difatti ve n'erano ben poche, tra castagneti e noccioleti, che i contadini coltivavano ad uso esclusivamente familiare! La sua è stata una visione mossa dalla volontà di produrre un grandissimo bianco in quella zona ancora “inesplorata” e dalle grandissime potenzialità, dovute all’esposizione estremamente favorevole, al considerevole sbalzo termico giorno/notte ed al suolo argilloso e roccioso, ricco di microelementi, e capace di prevenirne il dilavamento: una serie di fattori concomitanti e di certo non trascurabili. Sin dalle prime vendemmie Guido ha deciso di non cenferire le uve raccolte, trasformando a “modo suo” quei grappoli che a Summonte acquistavano cotanta concentrazione. È così che nel 1997 ha avuto l’intuizione di far maturare il vino più a lungo di tutti, ritardandone coraggiosamente l’uscita sul mercato di 9 mesi, consapevole che l’opulenza del suo Fiano era sicuramente una marcia in più. In quell’anno è nato un mito vero e proprio, un’icona enologica figlia di un artigiano del vino fuori dagli schemi convenzionali, pioniere del Fiano di montagna dalle lunghe maturazioni in acciaio, che ora porta sugli scaffali addirittura 20 mesi dopo la vendemmia (12 in acciaio, 6/8 in bottiglia).
 

Quest’oggi vi parlo del 2013, vivido ed integro nella sua densa veste paglierina. Al naso il primo impatto è roccioso, pepato e lievemente affumicato, e si arricchisce in seconda istanza di note di rosmarino, mela golden e fiori di agrumi. Il sorso è teso e tagliente in ingresso, sapido, quasi puntuto sulla lingua, e chiude con una carezza calorica in cui acquista spessore, riproponendo sul piano aromatico il timbro roccioso ed affumicato.
Un bianco irrinunciabile, da abbinare a 10°C con un trancio di Ricciola alla griglia.


Prezzo in enoteca: 15-18€
Contatti: www.guidomarsella.com


Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Degustatore Ufficiale e Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina
 


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mercoledì 14 febbraio 2018

Vigna Segreta, Mustilli, 2015

Di Antonio Indovino

Falanghina del Sannio Sant'Agata dei Goti DOC, Vigna Segreta, Mustilli, 2015

Ci troviamo nel borgo sannita di Sant'Agata dei Goti, alle falde del Monte Taburno, in provincia di Benevento. È qui che la famiglia Mustilli, originaria della Repubblica d’Amalfi ed in cerca di una nuova terra di lavoro, decise di trasferirsi all’inizio del ‘500. La loro è una storia familiare che si intreccia a quella del vino da oltre 5 secoli, come testimoniano le cantine sotto l'antico palazzo di famiglia: la storia di una tradizione rurale, e vitivinicola nello specifico, tramandata di generazione in generazione. 

Negli anni ’70 Leonardo Mustilli, ingegnere di professione, decise di coltivare il suo amore per il vino e per la campagna, in un periodo in cui essere un vignaiolo non era certo una moda come ai giorni d'oggi. Il suo approccio metodico e scientifico è stato la chiave nella svolta della viticoltura sannita. C'era un grosso disordine nei vigneti della provincia di Benevento, non si sapeva con esattezza cosa ci fosse piantato, si vendeva l'uva ai commercianti, oppure, come facevano i Mustilli, si vendeva il vino sfuso. Leonardo ha cercato di valorizzare questo prodotto classificandolo prima di tutto, scegliendo i vitigni da cui produrlo, per ottenere un vino che non fosse anonimo, non un generico rosso o bianco.
Ha iniziato quindi a vinificare in purezza le diverse varietà coltivate, per primo il Greco nel 1976, trovandosi poi a "tu per tu" con la Falanghina.
All'epoca aveva anche costituito una sorta di Comitato Vitivinicolo, di cui era il presidente, che si occupava dello studio della viticoltura del sannio per far chiarezza nel marasma che vi regnava.
Col merito di averne intuito le grandi potenzialità e la longevità, ed alla luce del vini ottenuti, Leonardo ha iniziato una vera e propria selezione clonale della Falanghina, che era molto diffusa nel comune di Bonea. L'intuizione ancor più grande è stata quella di avergli affiancato il biotipo flegreo, come ulteriore base ampelografica per caratterizzare il più possibile il prodotto finale di quest'area.
Così nel 1979 è stata vinificata ed imbottigliata in purezza la prima Falanghina in assoluto: circa 3000 bottiglie, vendute soprattutto ad amici, che hanno dato vita ad un passa parola virale! Sulla scia del successo di Leonardo tutti i produttori e le cantine sociali della zona hanno acquisito una maggiore coscienza del potenziale della Falanghina del beneventano, divenuta poi il vino campano più venduto!
La vinificazione fino al 2001 è avvenuta nelle antiche cantine del Palazzo Mustilli, in quelle cattedrali sotterranee scavate nel tufo a 15mt di profondita’, in seguito adibite al solo affinamento in legno dell'aglianico, mentre la trasformazione delle uve avviene in uno stabilimento enologico dotato delle piu’ moderne tecnologie. La filosofia di Mustilli negli anni è rimasta semplicemente la stessa degli albori, ovvero valorizzare i vitigni strettamente locali, da cui produrre vini monovarietali soltanto da uve di proprietà.

Negli anni Leonardo si è defilato poco alla volta, sino a cedere il testimone alle sue due figlie Paola ed Anna Chiara: adesso coltiva più se stesso, anzichè le viti, come ha fatto per gran parte della sua vita!
Paola si occupa della comunicazione e dell’aspetto commerciale, mentre Anna Chiara cura la conduzione dei vigneti e della cantina: supportata dall'enologo Fortunato Sebastiano.
La Falanghina rappresenta il 50% della produzione aziendale, e tutt'ora si coltivano entrambi i biotipi (flegreo e beneventano), propagando ed innestando le viti con le loro stesse "marze". 


L'ultima selezione nata in casa Mustilli è il Vigna Segreta, frutto di microvinificazioni in seguito alle quali si è deciso di piantare un nuovo vigneto a Pozzillo, su un suolo dalla matrice calcarea e vulcanica mista ad argilla. 

È un vero e proprio Cru di Falanghina prodotto solo nelle migliori annate, con bassissime rese, una breve macerazione pre-fermentativa e una maturazione in acciaio di 10 mesi sui propri lieviti.

Alla vista si presenta con una vivida e calda tonalità dai bagliori dorati. Al naso è di grande impatto ed articolata su profumi di frutta gialla come la susina e la pesca, su toni floreali di ginestra, profumi di frutta secca a guscio, di miele ed una piacevole sfumatura minerale. In bocca è pieno, morbido ed avvolgente, equilibrato da un'adeguata freschezza ed una stimolante scia sapida che si intreccia a lungo con richiami fruttati che chiudono il sorso.


Un bianco che berrei volentieri in un calice di media ampiezza ad una temperatura di 10°C, magari in abbinamento ad un filetto di San Pietro in crosta di patate al rosmarino. 


Prezzo in enoteca: 15-20€
Contatti: www.mustilli.com


Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Degustatore Ufficiale e Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina
 

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sabato 3 febbraio 2018

Palmento Bianco e Palmento Rosso, Vino di Anna, 2016

Di Antonio Indovino

Vino da Tavola, Palmento Bianco e Palmento Rosso, Vino di Anna, 2016


Ci troviamo a Solicchiata, una frazione di Castiglione di Sicilia, sul versante nord dell'Etna. È qui che nel 2008 inizia l'avventura da vignaioli di Anna Martens, un'enologa australiana, e suo marito Eric Narioo, un ex rugbista.

Trovare una spiegazione logica al perchè un'atleta decida di catapultarsi nel mondo del vino può sembrare complicato, ma nella vita talvolta si agisce d'istinto: ed Eric il suo istinto lo ha seguito. Negli primi anni '80 le sue ginocchia hanno comiciato a dare i primi segni di cedimento, pertanto, decide di chiudere la parentesi agonistica in Francia per trasferirsi a Londra, dove inizia a lavorare al Wine Bar Terroir.  Qui riscopre la passione per i vini naturali della sua terra natia, il Pays d'Oc, ed inizia un continuo peregrinaggio in Francia alla ricerca di prodotti che rispecchiassero la sua visione, per poterli poi proporre oltremanica. Nal 1988 dá vita così alla Santat Wines, un'Azienda con la quale Eric importa in Inghilterra una manciata di etichette con una filosofia produttiva ben precisa: piccoli produttori che allevano in biologico varietà rigorosamente autoctone, da cui ottengono vini di carattere, unici e stimolanti, con minimi interventi chimici. Nel 1996 il suo amico, Doug Wregg, sposa la sua stessa causa e di comune intento fondano Les Caves de Pyrène: una distribuzione che con gli anni è arrivata a proporre, nel suo catalogo, vini che provengono da tutto il mondo!

Anna invece è natìa di Adelaide, nel sud dell'Australia, dove ha studiato enologia e lavorato alla Petaluma Wines, sulle Adelaide Hills. Il desiderio di viaggiare e scoprire altri panorami vitivinicoli l'hanno catapultata dapprima in Borgogna, poi in Nuova Zelanda, nella Mendoza, ed a Stellenbosch..... Nel 2001, infine, approda in Italia, dove conosce suo marito Eric, ed entra a far parte del team della Tenuta dell'Ornellaia. La vera svolta, però, arriva nel 2005. Anna approda per la prima volta sull'Etna, da Passopisciaro, dove lavora per tre anni: innamorandosi di quel suolo vulcanico, ricco di microelementi, e dell'altitudine di quelle terrazze che arrivano a sfiorare i 1200 metri.

Al termine di questa ulteriore e significativa esperienza lavorativa, Anna ed Eric hanno cominciato a vinificare insieme il loro vino sull'Etna, acquistando nel 2010 il primo vigneto di Nerello Mascelese ed un vecchio palmento di 250 anni, da loro stessi restaurato, sino ad arrivare agli attuali 6ha di vigne. È così che è nata Il Vino di Anna, una piccola Azienda a conduzione familiare in cui Anna ed Eric, insieme ai loro 2 figli, coltivano in biodinamica delle vecchie viti ad alberello che vanno dai 60 agli oltre 100 anni di età, e producono dei vini "naturali": fatti col minimo intervento, lasciandoli fermentare spontaneamente, senza additivi, senza chiarifiche o filtrazioni, con pochissima aggiunta di SO2.


Quest'oggi vi parlo del Palmento Bianco e del Palmento Rosso, le proposte entry-level di Anna ed Eric, entrambe dell'annata 2016.

Il Palmento Bianco è ottenuto principalmente da Catarratto (50%) e Grecanico Dorato (40%): il restante 10% è un mix di Minnella Bianco, Carricante, Insolia e Uva Francese. Le uve sono state raccolte a mano e vinificate a grappolo intero in acciaio inox, senza controllo della temperatura. Il mosto fermenta spontaneamente ed il vino svolge anche la malolattica, maturando per 8 mesi prima di essere imbottigliato, senza chiarifiche o filtrazioni.


Ha una grande concentrazione cromatica, con una vivida tonalità che vira verso l'oro, ed una lievissima e voluta presenza di particelle in sospensione. Al naso è intenso, marcato inizialmente da un po' di volatile che va via quasi immediatamente, aprendosi su profumi di susine mature e buccia di limone, mandorla dolce e fiori gialli carnosi. In bocca è d'impatto, succoso, morbido ed avvolgente, ma al contempo agile e rinfrescante, stimolante per la sua sapidità, ed appagante per la chiusura mediamente lunga sui toni fruttati.

Un vino che andrebbe apprezzato intorno ai 10°C, in un calice di media grandezza ed apertura, magari accompagnandolo ad un Calamaro arrosto al pan brioche, con fave e cipollotti


Il Palmento Rosso è ottenuto da Nerello Mascalese (90%) con piccole quantità di Nerello Cappuccio (2%), Alicante (3%) ed uve autoctone a bacca bianca come la Minella, il Catarratto ed il Grecanico (per un totale del 5%). Si tratta di ceppi sparsi nei vigneti del Nerello Mascalese, e le uve vengono raccolte e vinificate tutte insieme nel vecchio palmento. Il 50% delle stesse è stato diraspato a mano, l'altra metà rimane a grappolo intero, macerando per quattro giorni e contemporaneamente calpestato in più occasioni. Il mosto in fermentazione viene travasato in parte in acciaio inox, in parte in botti di rovere usate e qvevris georgiane (anfore), dove resta per 2 settimane prima che le masse vengano uniformate in acciaio. Il vino subisce spontaneamente anche la fermentazione malolattica, e matura per 6 mesi sulle fecce fini, prima di essere imbottigliato senza chiarifiche o filtrazioni.

Nel calice si tinge di una luminosa e trasparente tonalità rubina. Anche in questo caso si possono riscontrare delle particelle in sospensione, pochissime e volute, poichè il vino non subisce filtrazione alcuna. Al naso sprigiona intensi profumi di frutta rossa matura, come le ciliegie bianche e le fragoline di bosco, note floreali di geranio, e sentori dolci di marshmallow.
Il sorso è schietto, godurioso, morbido, con una buona freschezza, dei tannini appena percettibili, comprimari, ed un guizzo sapido che riporta il giusto equilibrio, sfociando in una lunghissima scia fruttata. 

Un vino che berrei molto volentieri in abbinamento a dei Paccheri al ragù di Scorfano e lime, servendolo accuratamente tra i 14 ed i 15°C in un calice simile a quello utilizzato per il bianco.


Prezzo in enoteca: 15-20€ (per entrambe le tipologie)
Contatti: www.vinodianna.com 

Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Degustatore Ufficiale e Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina
 


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