mercoledì 22 giugno 2016

Jakot, Radikon, 2007

Di Antonio Indovino

Venezia Giulia IGT, Jakot, Radikon, 2007 (0,50l)

 
Ci troviamo ad Oslavia (frazione di Gorizia), nel Friuli Venezia Giulia, lungo il costone che dal ponte dell'Isonzo sale nel cuore del Collio verso San Floriano. Questa zona, trovandosi a ridosso della prima linea, è stata il teatro della Grande Guerra ed in quell’occasione la zona rurale fu quasi completamente rasa al suolo.
In talune circostanze le uniche forme di sostentamento erano l'allevamento del bestiame e la viticoltura e l’agricoltura in genere. Stanko nel '77 raccoglie il testimone nel nonno Franz Mikulus e del padre Edoardo Radikon. Giovane sì, ma con una grande passione per la terra ed una gran voglia di sperimentare che lo portano ad imbottigliare i suoi prmi vini a ridosso degli anni ’80.  Il primo cambio netto col passato fu l’abbandono delle vecchie botti per passare all'uso dell'acciaio ma, una grandinata nel Giugno dell’85 gli apre la mente verso una nuova strada. Si ebbe un notevole diradamento dell'uva in vigna e l’esigua parte restante era sana e figlia di un'annata ottima, sebbene le uve avessero una minore acidità rispetto ai valori di riferimento. Secondo le analisi di laboratorio sarebbe stata necessaria una notevole correzione di acido tartarico, e così decise di lasciare tutto come natura aveva voluto con risultati sorprendenti ed inaspettati. Per Stanko fu un segnale chiaro ed univoco sulla strada da seguire.
Ha inizio, così, un grandissimo cambiamento in vigna e in cantina. In vigna vengono realizzati nuovi impianti con densità di 7.000-10.000 ceppi per ettaro, mentre in cantina vengono inizialmente sperimentate le barrique, poi i tini tronco-conici da 25-35 hl dove le uve bianche maceravano per 6 mesi.
Successivamente vengono aboliti i solfiti ed a poco a poco le barriques lasciano il posto alle grandi botti di rovere (30-35 hl) e le continue sperimentazioni portano a ridurre le macerazioni ai 3-4 mesi attuali.

Siamo arrivati quindi ai giorni nostri, dove questo "poeta del bere naturale" ha ormai consolidato una filosofia che mette sempre al primo posto il rispetto per l'ambiente e il territorio, eliminando in vigna tutti quei prodotti figli della chimica, che tanti danni creano all'ecosistema e alla salute di noi comuni mortali, cercando di produrre uve sane e con il giusto grado di maturazione.
In cantina utilizza lieviti indigeni, non esegue nessun tipo di trattamento, né chimico, né fisico o naturale. Solo qualche travaso da un contenitore all'altro. Tutto questo finalizzato a portare in bottiglia comunque un prodotto che sia sano, naturale ma anche di elevata qualità e fortemente identificabile e riconducibile al concetto di vino come figlio di un’uva, un’annata, un territorio.

Quest'oggi ho avuto la possibilità di degustare il Jakot (Tokaj al contrario) 2007.
È un vino ottenuto dalla vinificazione di uve Tocai Friulano in purezza che, una volta diraspate, vengono poste in tini di rovere dove fermentano a contatto con le bucce, senza il controllo della temperatura e senza aggiunta di lieviti selezionati. Per tenere sempre immerse le bucce durante tutta la macerazione si eseguono in media dalle 3 alle 4 follature manuali al giorno.  Alla fine della fermentazione alcolica i tini vengono colmati e chiusi ed il vino rimane a contatto con le bucce per circa 3/4 mesi, periodo nel quale avviene anche la fermentazione malo-lattica.
Dopo la svinatura il vino riposa in botti di rovere da 25-35 hl, per circa 4 anni, durante i quali si effettuano vari travasi (solo se necessari). Successivamente il vino viene imbottigliato senza alcuna filtrazione né chiarifica in bottiglie da 0,50 e 1,0 l senza aggiunta di conservanti.


Ci troviamo di fronte ad un orange wine, vivido, consistente ed opalescente.

Al naso emergono note di frutta candita, in particolar modo arancia e cedro, di albicocche secche, fieno, origano, zenzero, radice di liquirizia, millefiori, tè alla pesca, resina e mais tostato piccante.
È teso nell’ingresso in bocca, morbido e sorretto da una grandissima freschezza e sapidità, accompagnato da una lieve astringenza ed una lunga chiusura di bocca in cui si ripete con coerenza il ventaglio olfattivo.

Ho avuto modo di apprezzare il Jakot in un calice voluminoso e dall’ampia apertura, ad una temperatura di 14°C dopo averlo stappato con 2 ore di anticipo.
Personalmente ne consiglierei l’abbinamento ad una “Insalata Russa”, purchè non sia la variante fatta di sole verdure.


Prezzo in enoteca: 20-25
Contatti: www.radikon.it

Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina


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venerdì 17 giugno 2016

Da Sul, Laiolo Reginin, 2014

Di Antonio Indovino

Barbera D'Asti DOCG, Da Sul, Az.Agr. Laiolo Reginin, 2014

 
Ci troviamo nel Monferrato Astigiano ed esattamente a Vinchio, un piccolo paesino di 9 Kmd'estensione.
Qui la famiglia Reginin, da sempre agricoltori, produce vini dai 7ha di vigna di proprietà.
L'Azienda Agricola è stata fondata nel 1943 e, fino alla fine degli anni '90, la loro produzione è stata finalizzata alla vendita del vino sfuso. Il cambio generazionale è coinciso con un cambio di strategia in azienda.
Paolo
nei primi anni del 2000 ha raccolto il testimone dal papà Guido e da subito ha indirizzato tutti i suoi sforzi in una direzione ben precisa: produrre vini di qualità!
Le sue origini contadine sono un motivo di vanto, un modo in più per ribadire il suo approccio: diametralmente opposto a quello commerciale/imprenditoriale.
Il concetto di qualità lascia spazio a diverse interpretazioni, ma per Paolo la qualità parte dall'ecosistema vigna.
Rispetto della campagna, della sua ciclicità, delle sue diverse tempistiche anno per anno, unitamente a lavorazioni rigorosamente manuali, senza forzature e chimica applicata.
Gran parte del lavoro viene indirizzata alla cura del carico fogliare (indispensabile per la fotosintesi e la funzione igroregolatrice) ed all'inerbimento della vigna (in funzione dell'altezza del manto erboso si riesce ad avere un effetto idroregolatore nei pressi dell'apparato radicale della vite).
Tutto ciò si traduce in grappoli sani, con acini dalla buccia molto spessa ed in vantaggio nel rapporto con la polpa.
Pochissimo interventismo anche in cantina, dove viene usata poca solforosa e, in assenza di correzioni, si lascia che i vini esprimino il massimo del potenziale di quell'annata.
Grazie al suo operato rispettoso e senza forzature dei cicli della natura, Paolo fa parte del consorzio ViniVeri (per maggiori informazioni vi invito a consultare il sito web www.viniveri.net).
Tantissimi sono gli estimatori di questa tipologia di prodotti e l'esigua produzione di 30.000 bottiglie fanno sì che queste ultime vengano assegnate en primeur, quindi ancor prima della loro uscita in commercio: motivo di orgolio per Paolo che, nonostante la richiesta sia superiore alla produzione aziendale, resta fedele al suo concetto qualitativo e vinifica solo ed esclusivamente le proprie uve.

Quest'oggi ho avuto la possibilità di degustare il Da Sul (che in dialetto piemontese significa letteralmente "da solo", a rimarcarne la paternità)

È un vino prodotto dalla vinificazione di uve Barbera in purezza, allevate su un suolo dalla matrice marnosa e con rese bassissime che si attestano intorno ai 45 q/ha.
La vinificazione avviene, a partire dall'annata 2014, unicamente in acciaio. Qui le uve, giunte alla loro maturazione ottimale, vengono fatte fermentare ad opera dei lieviti indigeni senza alcun controllo della temperatura, con una macerazione pellicolare che si protrae per circa 40 giorni. Successivamente ad una filtrazione blanda, viene riscaldata la cantina e si lascia partire immediatamente la fermentazione malolattica, con l'accortezza che venga completamente svolta in tutte le masse.
Trattandosi di un'evento di natura batterica, l'unico intervento di Paolo è lo spostamento reciproco di una parte delle masse tra i serbatoi in cui è già partita e non, in modo che venga innescata in tutti i tini. Nel mese di Gennaio, periodo in cui le temperature scendono tranquillamente al di sotto degli 0°C, vengono aperte le porte della cantina e si ottiene un naturale illimpidimento dei vini per l'effetto termico, cui segue l'imbottigliamento e la successiva commercializzazione.

Nel calice il vino si presenta con una vivace, trasparente e consistente veste rubina.
Il naso denota una grandissima pulizia e finezza olfattiva, ed affascina per i suoi varietali profumi di ciliegia e mora, di rosa e violetta, accompagnate da una piacevole e fresca nota erbacea di menta.
Motivo di lode per Paolo e per tutti quelli come lui che lavorano con cognizione di causa, a dispetto di quelli che cercano di nascondere evidenti difetti organolettici dei loro vini dietro la bandiera del naturalismo.
Il sorso è morbido ed equilibrato, sorretto da una piacevole freschezza e scia sapida, completato da una lunga chiusura che ricorda i toni fruttati.

Ho avuto modo di apprezzare il Da Sul
in un calice di media grandezza intorno ai 14/16°C.
Personalmente lo abbinerei ad un piatto cult della stagione estiva "La Parmigiana di Melanzane".


Prezzo in enoteca: 10-15€
Contatti: www.reginin.it

Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina


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martedì 7 giugno 2016

Calderara, Cottanera, 2014

Di Antonio Indovino

Etna Bianco DOC, Calderara, Cottanera, 2014
 
Ci troviamo a Castigione di Sicilia, nella Contrada Iannazzo in provincia di Catania.
Qui lungo le pendici settentrionali dell’Etna, alla fine degli anni ’90, Guglielmo Cambria insieme al fratello Enzo decise di scommettere sulle grandi potenzialità di quelle terre nere dove erano piantati i noccioleti di famiglia. Fu così che si iniziarono ad impiantare vigne, partendo dalle varietà internazionali come il Merlot, il Syrah, il Cabernet Sauvignon ed il Viogner, affiancate dalla sperimentazione della Mondeuse in purezza (un vitigno tipico dell’alta Savoia).
All’azienda venne dato il nome dell’antico borgo rurale di Cottanera che delimita i vigneti lungo la riva del fiume Alcantara.
Successivamente sono state impiantate le varietà autoctone (Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, Inzolia, Carricante e Catarratto) e, con esse, il vigneto aziendale ha raggiunto l’attuale estensione di circa 65ha per una produzione totale che si attesta intorno alle 300.000 bottiglie.
Oggi, dopo la scomparsa di Guglielmo, Cottanera è guidata dal fratello Enzo e dai figli del suo fondatore: Mariangela, Francesco ed Emanuele.
Nulla però è cambiato nello spirito con cui ci si approccia al duro lavoro in vigna.
La terra è un bene inestimabile, perché è il principio di ogni cosa e di ciò che saremo: questo era il motto di Guglielmo, nonché insegnamento primo per i suoi figli che ne hanno fatto un principio cardine.
Sotto le direttive di Lorenzo Landi, consulente enologico, vengono seguite linee guida che coniugano allo stesso tempo tradizione ed innovazione nei processi di produzione e nel vigneto: l’uso e l’applicazione dei più moderni concetti ed apparecchiature vive in simbiosi con la manualità rispettosa  di tutti gli interventi in vigna (vendemmia compresa) affidata, come da tradizione etnea, ad una squadra di sole donne.

Quest’oggi ho avuto la fortuna di degustare uno degli ultimi arrivati in casa Cottanera, l’Etna Bianco Calderara.
È un bianco di cui vengono prodotte circa 5600 bt, ottenuto dalla vinificazione di uve Carricante in purezza provenienti dalla Contrada Calderara a circa 750m s.l.m.
Le viti vengono allevate su suolo lavico a cordone speronato, con una densità d'impianto di 5700 ceppi/ha e rese di 50 q/ha.
La vinificazione avviene in acciaio con una macerazione pellicolare a freddo di 24 ore, successivamente il 40% della massa viene trasferito in tonneaux di rovere francese e la restante parte in vasche di cemento.
Qui i "vini base" fermentano e maturano per 12 mesi a contatto con le fecce fini. Successivamente, dopo illimpidimento statico a freddo, le due masse vengono assemblate ed imbottigliate.

Nel calice il vino si presenta con una doppia personalità, soprattutto al naso ed al gusto.
Ha una luminosa e consistente veste paglierina dai riflessi verdolini.
Al naso spiccano al contempo note verdeggianti e carnose, ma comunque di frutti non perfettamente maturi.
Si riconosono sentori che ricordano il tendral (melone verde invernale), accompagnato da note di fiori di agrumi, basilico e capperi, seguite na note gessose con lievi accenni balsamici. Ad esse si avvicendano delle note dalla connotazione decisamenta più calda, di frutta tropicale come l'ananas e fiori di ginestra.
In bocca il vino è sì avvolgente, ma fresco e salino, equilibrato e di grande armonia, dalla grandissima piacevolezza e sorbevolezza, con una lunga chiusura dai toni esotici ed erbacei.

Ho avuto modo di apprezzare l’Etna Bianco Calderara in un calice di media grandezza, intorno ai 12°C.
Personalmente lo abbinerei a del "Polpo arrosto con Peperoncini Verdi e Cacioricotta".

Prezzo in enoteca: 20-25€
Contatti: www.cottanera.it

Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina


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venerdì 3 giugno 2016

Clivi Brazan 140 mesi, 2001

Di Antonio Indovino 

Collio Goriziano Bianco DOC, Clivi Brazan, I Clivi di Ferdinando e Mario Zanusso, 2001

Ci troviamo nel Collio Goriziano, precisamente sul versante sud del Monte Quarin, a Brazzano, nel comune di Cormons.
Si tratta di un’area particolarmente vocata alla viticoltura e riconosciuta come tale già in epoca precristiana. Sotto il profilo geologico e termico il suolo è costituito da stratificazioni alternate di “Flysch di Cormons” (ossia marne provenienti da sedimentazioni marine e roccia arenaria egualmente risalenti al periodo eocenico) e terra poverissima, con un clima fortemente caratterizzato dal regime dei venti e dall’influenza mitizzatrice del mare.

È qui che Ferdinando Zanusso, da sempre appassionato di vini, e dopo una vita passata a lavorare in giro per il mondo, decide di “mettere radici” acquistando nel ’94 una casa in collina con annessa una vecchia vigna di 2ha nel paese natale della moglie. Pochi mesi più tardi il figlio Mario, dopo la Laurea in Economia, decide di seguire le orme del padre: la passione di due comuni bevitori si tramuta in un impegno da produttori a tempo pieno ed ai primi 2ha di vigneti se ne aggiungono altrettanti, sempre lì a Brazzano e si giunge alla prima vendemmia nel 1996. Poi, nel 1997, i Zanusso acquistano un’altra vecchia vigna nei Colli Orientali del Friuli, a 3 Km di distanza, al di là dello Judrio: 8 ettari sul versante sud della collina di Gramogliano, nel comune di Corno di Rosazzo.
Anche qui era annessa una casa colonica che, restaurata e completata di cantina interrata, è divenuta la sede dell’azienda.

Viticultori per scelta e non per tradizione: ogni decisione, quindi, è stata presa con grande cura.
Perché I Clivi? La parola clivi sta ad indicare i declivi collinari lungo i quali scorrono i filari delle viti.
La scelta dei vigneti in collina è stata dettata dalla ricerca delle migliori condizioni di esposizione e ventilazione. Si tratta rigorosamente di vecchie viti di varietà autoctone.
Non’è una scelta dettata dal “romanticismo” che evocano i termini autoctono e vecchio, ma bensì di un'attento ragionamento.
Le varietà autoctone sono perfettamente acclimatate ed in simbiosi col terroir e, le vecchie viti, per la loro scarsa produttività (20-30 quintali/ha) e per il loro apparato radicale molto sviluppato, consentono di avere mosti dalla grande concentrazione e ricchi di sostanze estratte e sintetizzate dal sottosuolo.
La grande cura richiesta da queste viti, dove in alcuni casi si rendono necessari interventi mirati pianta per pianta, non ha giustificato  la pratica di trattamenti sistemici ed invasivi di natura chimica: motivo per cui, fin da subito, la conduzione dei vigneti è stata in regime biologico.
A tutto ciò si unisce la voglia di far venir fuori la forte vocazione territoriale, e la mano attenta del contadino/cantiniere che punta al più alto livello qualitativo possibile nel contesto dell’annata.
È così che in vigna si interviene con: potature corte, cimature limitate, trattamenti solo a base di rame e zolfo, esclusione di concimi chimici e irrigazioni di sostegno, vendemmia differenziata (per passaggi successivi) e raccolta a mano in cassette per evitare ossidazioni da prematuro schiacciamento.
In cantina invece: la vinificazione è peceduta da un’attenta cernita, poi pressature soffici, lunghe fermentazioni in acciaio ed a bassa temperatura condotte dai lieviti indigeni e senza macerazioni, maturazioni sulle fecce fini, nessuna filtrazione, chiarifiche per sedimentazione, imbottigliamento per gravità e tappatura manuale.

Come si traduce tutto ciò nel calice?
Quest’oggi ho avuto la fortuna di degustare una chicca dell’azienda, il Clivi Brazan 2001 140 mesi. È una versione del Cru Goriziano da uve Friulano in purezza, mantenuta in acciaio per più di 11 anni sulle fecce fini.

I vino si presenta con una luminosa e consistente veste dorata dai riflessi verdolini.
Il naso è di grande complessità e stratificazione. In primis tanti terziari: zolfo, cera, resina, erbe officinali, miele, idrocarburi e successivamente lievi accenni che rimandano ad una nespola matura. Il sorso è teso e senza fronzoli, sorretto da una grandissima freschezza e sapidità,  caratterizzato da una sorbevolezza ed una persistenza gusto-olfattiva senza pari: indugia a lungo richiamando per via retronasale le note di resina, erbe officinali e zolfo. 

Ho avuto modo di apprezzare il Clivi Brazan 2001 140 mesi in un ampio calice intorno ai 12/14°C, dopo averlo precedentemente ossigento versandolo in una caraffa stretta ed affusolata con 2 ore di anticipo.
Personalmente ne consiglierei l'abbinamento con del Salmone Affumicato, ma solo dopo averci meditato a sufficienza per coglierne ogni singola sfaccettatura.

Prezzo in enoteca: 35-40€
Contatti: www.clivi.it

Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina


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