Di Antonio Indovino
Irpinia Campi Taurasini DOC, Cretarossa, I Favati, 2010
Irpinia Campi Taurasini DOC, Cretarossa, I Favati, 2010
Ci troviamo a San Mango sul Calore, nel versante che da sud-ovest guarda verso Chiusano. È qui che l'équipe de I Favati (di cui ho avuto modo di parlare già in diverse occasioni LINK) alleva i vigneti da cui si ottiene anche il Cretarossa, e dico anche perchè le vigne sono le stesse dalle quali si ottengono i due Taurasi Terzotratto, nei quali conferiscono però anche le uve di una vecchia vigna a Venticano.
Veniamo dunque al Cretarossa, a questo Campi Taurasini che sin dalla premessa si intuisce che non sia affatto un vino di Serie B, ma un "piccolo" cavallo di razza. Deve il nome al suolo di queste vigne dalle quali è prodotto, dove affiora in superficie tanta argilla rossa che poggia su di un sub-strato marnoso e calcareo dolomitico, che abbassa naturalmente e considerevolmente le rese.
Per quel che concerne l'aspetto agronomico le uve vengono trattate alla stregua di quelle dei "fratelli maggiori", dei Taurasi, ma vengono lavorate diversamente in cantina. Seppur i legni usati siano gli stessi, globalmente la maturazione e l'affinamento hanno una durata inferiore, ed una piccola parte della massa viene vinificata in acciaio (variabile in funzione dell'annata), per poi concorrere al "taglio" del vino maturato in legno. Si tratta di un'espediente utilizzato da Vincenzo Mercurio per un duplice motivo, ovvero, conferire una maggiore freschezza ed evitare sovraestrazione di tannini soprattutto nelle annate più calde: nelle quali la percentuale di massa vinificata in acciaio sarà presumibilmente maggiore.
Veniamo dunque al Cretarossa, a questo Campi Taurasini che sin dalla premessa si intuisce che non sia affatto un vino di Serie B, ma un "piccolo" cavallo di razza. Deve il nome al suolo di queste vigne dalle quali è prodotto, dove affiora in superficie tanta argilla rossa che poggia su di un sub-strato marnoso e calcareo dolomitico, che abbassa naturalmente e considerevolmente le rese.
Per quel che concerne l'aspetto agronomico le uve vengono trattate alla stregua di quelle dei "fratelli maggiori", dei Taurasi, ma vengono lavorate diversamente in cantina. Seppur i legni usati siano gli stessi, globalmente la maturazione e l'affinamento hanno una durata inferiore, ed una piccola parte della massa viene vinificata in acciaio (variabile in funzione dell'annata), per poi concorrere al "taglio" del vino maturato in legno. Si tratta di un'espediente utilizzato da Vincenzo Mercurio per un duplice motivo, ovvero, conferire una maggiore freschezza ed evitare sovraestrazione di tannini soprattutto nelle annate più calde: nelle quali la percentuale di massa vinificata in acciaio sarà presumibilmente maggiore.
Come si traduce tutto ciò nel calice? Questa 2010, conservata con lungimiranza in cantina, ha dato ragione a me ed a chi lo ha prodotto: a me che ne ho atteso il giusto equilibrio, ed ai Favati che non è scesa a compromessi nella produzione di un vino che porta una Denominazione "volgarmente" detta di ricaduta.
Il vino ha un vivido colore granato, compatto ed attraversato da bagliori giovanili, e denota un corpo di tutto rispetto per il suo incedere lento e composto nelle roteazioni del calice, cui si aggrappa descrivendo lacrime lente e fitte. Al naso in prima istanza è cineritico ed ematico, poi emergono profumi di cuoio e scatola di sigaro, di chiodi di garofano e ciliegie sotto spirito. In bocca è pieno, caldo, morbido ed avvolgente, con una freschezza che sostiene puntualmente il sorso, donando dinamismo insieme ad una stimolante pungenza tattile ed in supporto a tannini vigorosi e rifiniti che conferiscono carattere e rigore. Lungo, speziato, animale e fruttato nei ritorni aromatici, cosa chiedergli di più? A lui senz'altro niente, piuttosto a noi un calice voluminoso in cui dargli il giusto respiro, la cura di servirlo a 16°C e magari un Filetto di Manzo ai Porcini, preferibilmente al sangue, come degno compagno in tavola!
Il vino ha un vivido colore granato, compatto ed attraversato da bagliori giovanili, e denota un corpo di tutto rispetto per il suo incedere lento e composto nelle roteazioni del calice, cui si aggrappa descrivendo lacrime lente e fitte. Al naso in prima istanza è cineritico ed ematico, poi emergono profumi di cuoio e scatola di sigaro, di chiodi di garofano e ciliegie sotto spirito. In bocca è pieno, caldo, morbido ed avvolgente, con una freschezza che sostiene puntualmente il sorso, donando dinamismo insieme ad una stimolante pungenza tattile ed in supporto a tannini vigorosi e rifiniti che conferiscono carattere e rigore. Lungo, speziato, animale e fruttato nei ritorni aromatici, cosa chiedergli di più? A lui senz'altro niente, piuttosto a noi un calice voluminoso in cui dargli il giusto respiro, la cura di servirlo a 16°C e magari un Filetto di Manzo ai Porcini, preferibilmente al sangue, come degno compagno in tavola!
Prezzo in enoteca: 15-20€ (per le ultime annate in commercio)
Contatti: www.cantineifavati.it
Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Degustatore Ufficiale e Responsabile de GDS AIS Penisola Sorrentina
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