mercoledì 26 aprile 2017

Chardonnay, Cloudy Bay, 2007

Di Antonio Indovino

Marlborough Chardonnay, Cloudy Bay, 2007

Ci troviamo in Nuova Zelanda, più precisamente nella parte settentrionale dell'isola del sud dell'arcipelago neozelandese.
Qui nella regione del Marlborough, a ridosso della Cloudy Bay, è partita l'avventura di David Hohnen nel 1985.
Mr Hohnen, tra i pionieri in zona, era fortemente convinto delle grandi potenzialità di quelle terre al punto di scommettervi a colpo sicuro, acquistando quelle che per lui erano le zone più vocate: tra Marlborough e la Central Otago.

David scelse per l'Azienda il nome della baia antistante, Cloudy Bay, che a sua volta deve il nome ad un esploratore britannico di nome James Cook.
La storia narra che Capitan Cook giunse nell'arcipelago nel 1770, poco dopo un inondazione che aveva colpito le regioni dell'isola meridionale. Il gran numero di detriti finiti in mare rendevano opaco lo specchio d'acqua della baia, motivo per cui Cook la battezzò col nome di Cloudy Bay.
Dalla metà degli anni '80, grazie allo spirito pionieristico e visionario del fondatore, l'Azienda ha volutamente rincorso obbiettivi sempre più ambiziosi: fino a divenire uno dei punti di riferimento assoluto.
Ai giorni d'oggi lo staff di Cloudy Bay è capitanato dall'enologo Tim Heath, in forza dal 2005, che ha portato con se un grande bagaglio di esperienze personali e professionali, maturato nell'Australia del sud (Barossa e Clare Valley) ed in Francia (nella Valle del Rodano).
Il braccio destro di Tim è Jim White, agronomo ed appassionato dalle costanti sfide: per lui ogni singola annata, con le sue diversità, è motivo di grande studio e di scelte ben precise per cercare di interpretarla al meglio.
La filosofia che muove Cloudy Bay segue una linea ben precisa, che può essere sintetizzata con un unico termine: sostenibilità!
L'Azienda è infatti stata tra le fondatrici del movimento enosostenibile neozelandese.
Nel periodo invernale, in cui la vite è dormiente, vengono concimate organicamente le vigne cospargendo del compost ottenuto dalle vinacce e facendo pascolare greggi di pecore che, a loro volta, ripulicono i filari dalle erbe infestanti.
Dalla primavera sino alla vendemmia, invece, tra i filari vengono coltivati grano e leguminose poi sflaciati per favorire il ciclo dell'azoto.
Grande attenzione è stata posta anche all'efficienza energetica della cantina stessa, al trattamento di depurazione delle acque reflue (riutilizzate per le colture nei campi e l'irrigazione di supporto in vigna), all'ampio utilizzo di materiali riclicati (dalle bottiglie a tutto il packaging) ed all'uso di macchinari elettrici che sfruttano l'energia ottenuta da fonti rinnovabili (idroelettrica in primis).
 

Quest'oggi ho avuto la fortuna di poter assaggiare un bianco aziendale, ottenuto
da Chardonnay, e di poter fare al contempo un salto indietro di 9 annate fino alla 2007. Le uve, rigorosamente selezionate e raccolte a mano, provengono da 7 vigneti di 4 zone diverse della regione: Brancott, Fairhall, Ben Morven e la Wairau Valley. 
La raccolta, secondo annata, avviene solitamente tra la fine di Marzo e la metà di Aprile. Una volta giunte in cantina le uve vengono diraspate e pressate sofficemente. Il mosto fermenta in barriques di rovere francese, dove il vino resta a maturare per 12 mesi prima dell'imbottigliamento.
La tappatura? Rigorosamente con lo Stelvin Screwcap: Cloudy Bay è infatti una delle aziende partner del marchio Stelvin. Da subito ha aderito e collaborato allo sviluppo del progetto della Australian Consolidated Industries Ltd nato nel 1970, quando hanno acquistato i diritti di produzione dello Stelcap-vin: un primo esperimento di tappatura alternativa al sughero condotto dalla ditta francese La Bouchage Mecanique nel 1959.


Calice alla mano ho avuto modo di apprezzarlo fin dalle prime battute per la sua vivida veste dorata dai bagliori giovanili. Al naso è un'esplosione di note minerali e terziarie in primis: iodio, gesso, resina ed idrocarburi. In seguito ad una maggiore ossigenazione il quadro olfattivo si arrichisce di profumi che ricordano gli agrumi canditi e la frutta esotica matura, toni fumè ed una nota di fondo che ricorda i biscotti di pasta frolla.
Il sorso è d'impatto, ha struttura, avvolgente e sorretto da una buona freschezza ed una grande sapidità. Chiude con rimandi affumicati e terziari.


Per apprezzarlo al meglio bisognerebbe stapparlo con almeno un'ora di anticipo (o scaraffato in una brocca affusolata) e servirlo in un ampio calice ad una temperatura che idealmente dovrebbe oscillare tra i 12 ed i 14°C.
Personalmente ritengo che possa essere il compagno ideale di qualche ardita preparazione a base di Salmone, purchè non si tratti di semplice pasta.


Prezzo in enoteca: 20-25€ (per le ultime annate in commercio)
Contatti: www.cloudybay.co.nz

Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina


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giovedì 20 aprile 2017

Montepulciano Vigneto di Popoli, Valle Reale, 2010

Di Antonio Indovino

Montepulciano d'Abruzzo DOC, Vigneto di Popoli, Valle Reale, 2010

Ci troviamo a Popoli, in Contrada S. Calisto, tra le provincie di Pescara e L’Aquila.
È qui che è iniziata la storia dell'Azienda Agricola Valle Reale nel 1998.
Il contesto è quello di un enorme "polmone verde", il più grande d'Europa. In questo punto, dove si incontrano il Parco Naz. del Gran Sasso, il Parco Naz. della Majella e quello Regionale Naturale del Sirente-Velino, la tradizione contadina della Famiglia Pizzolo è ben radicata da diverse generazioni.
Tutto è partito dal recupero di un vecchio vigneto di Montepulciano rinvenuto all’interno della proprietà che si trova nella vallata circondata dalle montagne, poco lontana dal paese di Popoli.
L’attenta osservazione dell’ambiente in cui era inserito il vigneto e, la passione per l’agricoltura, li ha spinti ad avviare uno studio approfondito sulle origini del Montepulciano d’Abruzzo.

La ricerca ha permesso di rintracciare le più antiche testimonianze del vitigno in alcune zone montane incontaminate, proprio nei pressi di Valle Reale.
È così che lo storico vigneto a pergola abruzzese, risalente al 1960, accudito e riavviato alla produzione, è divenuto il primo cru dell’azienda, il Vigneto San Calisto. Ma non solo: è di fatto anche “il padre” di tutte le vigne di Valle Reale. Dopo un attento lavoro di selezione delle piante, da esse sono state prelevate le gemme di Montepulciano di "montagna" successivamente innestate ed impiegate per i nuovi impianti.
Così ha preso forma il progetto agricolo ed agronomico di Valle Reale, che continua tutt'ora grazie al lavoro di un gruppo affiatato e motivato di persone.
In un paesaggio incontaminato come questo l'approccio in vigna, e di riflesso in cantina, non poteva che essere il più rispettoso possibile. Ciò che fa la differenza nel calice tra il percorso rigorosamente naturale e l'intervento della mano dell'uomo avviene in cantina.
Nella cantina di Valle Reale si lascia alla natura il compito di delineare il profilo organolettico dei vini, limitandosi ad accompagnarli lungo il percorso che li porterà all'affinamento in bottiglia.
Per l'Azienda questo è l’equilibrio, il sunto di osservazioni ed anni di esperimenti: il punto d'arrivo, ma quello di partenza di ogni vino, di ogni singola annata.

Vigna di Capestrano è il primo vigneto nel quale nel 2007 Valle Reale ha portato a termine la prima fermentazione spontanea: vinificata servendosi esclusivamente di lieviti indigeni, attendendo con rischio e pazienza.
Il perchè di questa vigna non è stato un caso. Si tratta di una piccola parcella situata in corrispondenza di un piccolo stagno, ricco di vegetazione e confinante con i terreni di proprietà di un convento di Frati Francescani.
Furono proprio questi monaci a dar inizio alla produzione del Trebbiano a fermentazione spontanea a partire dal 1400.
Dopo numerosi studi sperimentali su selezioni di uve provenienti dalle diverse vigne è stata perfezionata la tecnica del "pied de cuve": l'ultimo anello  che ha permesso all’incredibile biodiversità dell’ambiente incontaminato che circonda Valle Reale di esprimersi in tutta la sua ricchezza, "trasferendo" il territorio nei vini. I meriti vanno, oltre che alla passione ed alla lungimiranza della famiglia Pizzolo, alla preziosa collaborazione di figure professionali come Luciana Biondo, Giulio Vecchio e Enrico Antonioli. 

Valle Reale oggi, a dispetto della vigna di Montepulciano di partenza, è un'Azienda che lavora su 46ha vitati di proprietà sotto la conduzione agronomica ed enologica di Emmanuel Merlo, con una produzione che varia sensibilmente tra le 100.000 e le 300.000 bottiglie  secondo annata.

Quest'oggi sono qui a parlarvi del Montepulciano Vigneto di Popoli 2010.
Questo montepulciano è figlio del vigneto omonimo, il più datato dell'azienda, situato nella parte più a sud della Valle Reale. Questa vigna di circa 25ha (dal suolo prettamente argilloso e calcareo) si estende, in parte, di fronte ai ruderi di una vecchia grotta del 1300 che i monaci del convento di San Benedetto a Perillis utilizzavano per vinificare e conservare i propri vini. La vinificazione spontanea delle uve, solitamente raccolte tra la fine di ottobre ed i primi di novembre, avviene in acciaio con una macerazione pellicolare che si protrae per circa 10 giorni. Successivamente il vino viene elevato in tonneaux per un anno e lasciato a riposare in bottiglia per almeno 6 mesi prima della commercializzazione.

Nel calice si presenta con una vivida e fitta veste granata. Al naso il primo impatto è scuro e terroso, corredato da profumi che ricordano la radice di liquirizia, il ginepro, la carruba e le foglie secche, per poi aprirsi su toni più ariosi, balsamici e di confettura di amarene. Il sorso è morbido e succoso, rinfrescato da una buona acidità e supportato da un'elegante e risoluta trama tannica, nonchè da una piacevole scia sapida. Pregevole la chiusura di bocca che completa il quadro con lunghi richiami in cui si ripetono coerentemente le note fruttate e terrose.

Ho avuto modo di apprezzare questo vino in un ampio calice ad una temperatura di 16°C, dopo averlo stappato con un'oretta di anticipo ed averne apprezzato la sua escalation nel bicchiere. Per un servizio più rapido potrebbe essere opportuna anche una scaraffatura al solo fine di renderlo immediatamente fruibile. 
Personalmente ritengo che possa essere il giusto accompagnamento di un Cosciotto di Agnello al forno con chips di Carciofi fritte.
 
Prezzo in enoteca: 15-20€ (per le ultime annate in commercio)
Contatti: www.vallereale.it

Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Degustatore Ufficiale e Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina
 


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martedì 11 aprile 2017

La Ricolma, San Giusto A Rentennano, 2007

Di Antonio Indovino

Merlot di Toscana IGT, La Ricolma, San Giusto A Rentennano, 2007

Ci troviamo a Gaiole in Chianti, quindi nella parte più meridionale del Chianti Classico, quella che affaccia sull’alto corso del fiume Arbia.
Qui, sulla strada che dalla Pianella di Siena porta al castello di Brolio, si trova la Fattoria San Giusto A Rentennano (nome di origine etrusca). Una tenuta di 160 ha d'estensione, di cui 31 coltivati a vigneto, governata da un antico castello che in origine era un monastero femminile cistercense (non a caso oggi chiamato di San Giusto delle Monache), poi fu un indomito fortilizio sul confine tra i contadi di Siena e di Firenze, ed infine venne trasformato in villa dai Ricasoli del Castello di Brolio.
Agli inizi del '900, più precisamente a pratire dal 1914, la Tenuta è divenuta di proprietà della famiglia Martini di Cigala che da allora porta avanti la tradizione vitivinicola con grande umiltà e dedizione, lasciando parlare di sé, dei vini e dalla storia della Fattoria piuttosto che dal marketing.
Ai giorni d'oggi sono i fratelli Elisabetta, Francesco e Luca a portare avanti la tenuta, avvalendosi della preziosa collaborazione dell'enologo Attilio Pagli (in forza dal 1999) e del suo braccio destro in cantina Rosita Achini, nonchè dell'agronomo Ruggero Mazzilli. 

In vigna, complice la diversa morfologia del suolo (tufacea, sabbiosa-limosa, argillo-sabbiosa, alcalina e calcarea), trovano dimora sia le varietà autoctone (Malvasia, Trebbiano, Canaiolo, Sangiovese) che il Merlot, da cui vengono prodotti soprattutto Chianti Classico, un passito ed un grandissimo Sangiovese di Toscana. 
Un'altitudine media di circa 270m s.l.m., unitamente ad un microclima ed un'esposizione particolarmente favorevole, nonchè ad un approccio rispettoso in vigna (l'Azienda è certificata BIO) ed in cantina, completano il quadro generale.

Quest'oggi sono qui a parlarvi della Ricolma, ed in particolare dell'annata 2007, frutto dell'unica varietà non autoctona: il Merlot. Usato da sempre per smussare la mascolinità del Sangiovese è comunque capace di regalare grandi espressioni in purezza, soprattutto sui suoli sabbiosi-limosi che caratterizzano alcune vigne dell'azienda. Pertanto, unitamente all'approccio tradizionalista nella produzione del Chianti Classico, a San Giusto a Rentennano viene vinificato separatamente dalle altre varietà. La fermentazione è avvenuta in acciaio con una macerazione pellicolare che si è protratta per 17 giorni. A seguito della "fermentazione" malolattica il vino è sttato elevato in barriques di rovere francese per 22 mesi, cui è seguito l'imbottigliamento (senza filtrazioni) ed una ulteriore sosta in vetro di 6 mesi prima della commercializzazione.

Nel calice si fa apprezzare innanzitutto per una vivida e fitta veste granata dai bagliori giovanili.
Al naso subito tanto frutto, amarene sotto spirito e prugne secche, poi cioccolato al latte, cannella, ed infine richiami balsamici, di tabacco e fiori secchi.
Succoso ed avvolgente al palato, ricco ma non sovraestratto, si erge pricipalmente su una buova trama fresco/sapida che su quella tannica: matura e ben integrata.
Il sorso chiude con richiami di spezie e cioccolato, impreziosito da una piacevole scia sapida.

Ho avuto modo di aprrezzare la Ricolma in un ampio calice intorno ai 16°C dopo averlo stappato con un'oretta di anticipo ed averne apprezzato l'escalation nel calice nell'arco della serata.
Personalmente ritengo che possa essere il compagno ideale di un piatto di Costine di Agnello alla brace accompagnate da Patate Arrosto.  


Prezzo in enoteca: 40-50€ (per le ultime annate in commercio)
Contatti: www.fattoriasangiusto.it
Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Degustatore Ufficiale e Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina
 


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giovedì 6 aprile 2017

Per' e' Palummo, Agnanum, 2015

Di Antonio Indovino

Campi Flegrei Piedirosso DOC, Az. Agr. Agnanum di Raffaele Moccia, 2015

Eccomi qui, ancora una volta, a parlare di un vino di Raffaele Moccia.
Avendone già scritto in precedenza, Vi rimando alle altre degustazioni (link), ed in particolare a quella del "Vigna delle Volpi 2012" (link) per le informazioni di natura storica ed il contesto orografico.

Quest'oggi sono qui a riportare le mie impressioni sul Per' e' Palumm 2015, della cui annata sono state prodotte 6700 bottiglie.
Il rosso "base" di Raffaele, quello prodotto con le uve della porzione di vigna più in basso. Non un vino da "Serie B", mi si conceda l'espressione, ma il frutto della stessa cura in vigna e di una lavorazione diversa in cantina: solo acciaio in questo caso, dove matura a contatto con le fecce per 7 mesi prima dell'imbottigliamento.
Nel calice si presenta con una sgargiante veste rubina di buona trasparenza.
Al naso si offre immediato su toni di amarena non perfettamente matura ed una nota verde di geranio che fa da comprimaria: il tutto su un sottofondo di cenere e fumo, quasi a ricordare un barbecue.

In bocca conferma il suo divenire, i suoi tratti ancora giovanili, sottolineati da un seppur lieve predominio del comparto fresco/sapido e da tannini ancora non perfettamente maturi. La chiusura di bocca è perfettamente in linea con quanto riscontrato al naso ed ha il potenziale sufficiente per poter evolvere ulteriormente in bottiglia: regalerà maggiore compiutezza ed armonia a chi saprà aspettarlo almeno un altro anno.

Ho avuto modo di apprezzare il Pèr e' Palumm in un calice abbastanza voluminoso e di media apertura, intorno ai 14/15°C. Personalmente lo abbinerei a della "Salsiccia alla Brace".

Prezzo in enoteca: 10-15
Contatti: www.agnanum.it 


Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Degustatore Ufficiale e Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina
 


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