Di Antonio Indovino
Rossese di Dolceacqua DOC, Terre Bianche, 2015
Ci troviamo nella Vallata del Nervia, nell'estremo Ponente Ligure, in località Arcagna, nel comune di Dolceacqua.
Qui,
alle pendici delle Alpi, lungo i declivi collinari che affacciano sul Mar Ligure, ha trovato le condizioni pedoclimatiche a lui favorevoli il
Rossese: un'uva che probabilmente ha origini francesi (il nome deriva
dal termine roché, ad indicare il terreno roccioso su cui viene
coltivato), difficile da lavorare, ma al contempo capace di regalare
grandi soddisfazioni.
Nei terrazzamenti sorretti da muretti a secco,
con pendenze che raggiungono e talvolta superano il 30%, i grandi sforzi
profusi per l'allevamento di questa singolare varietà vengono ripagati
dalla qualità dei vini che ne provengono: tant'è vero che è stata la prima DOC riconosciuta in Liguria nel 1972.
Si
tratta, indiscutibilmente. di uno dei luoghi coltivati più antichi
della Liguria. Ritrovamenti archeologici nel versante nord di Arcagna
testimoniano infatti che i Liguri vi coltivavano già nel VII sec. a.C.
Successivamente, nei primi secoli del d.C., fu la volta dei romani e poi
dei monaci Benedettini dell’Abbazia di Novalesa a partire dal XII
secolo, ed infine, dagli abitanti stessi di Dolceacqua ed in particolare
dalla famiglia Orrigo, che vi costruì il casolare ora simbolo
dell'Azienda Agricola Terre Bianche.
L’Azienda Terre Bianche nacque qui nel 1870,
quando Tommaso Rondelli decise di impiantare i primi vigneti di Rossese
in queste zone dalla terra biancastra, ricca di argilla, marne, flysch e
conglomerati con cementi calcarei: da qui la scelta del nome
dell'azienda.
L'avvento della fillossera, nel 1885, distrusse tutte
le vigne di Rondelli e per il loro reimpianto si dovette attendere i
primi del '900.
La rinascita della viticoltura ligure è stata opera
dell'agronomo Mario Calvino, papà del celebre Italo (intellettuale,
scrittore e partigiano Italiano), che recuperò le varietà locali
introducendo i portainnesti americani.
Successivamente fu la volta
delle guerre mondiali che portarono all'abbandono dei vigneti, ma, negli
anni '80, i discendenti di Tommaso, I fratelli Claudio e Paolo
Rondelli, danno una svolta decisiva all'azienda con un consistente
ampliamento dei vigneti che si estendono su una superficie di circa 8,5
ha.
Di riflesso vi è stato un aumento di produzione, sia quantitativo
che qualitativo, grazie anche, e soprattutto, al grande impegno profuso
da Filippo (figlio di Claudio e suo successore in azienda).
Le
attuali vigne sono il patrimonio più grande, e si dividono in varie
aree, ciascuna con il suo terreno ed il suo microclima. I vigneti si
dividono sui terreni di Terre Bianche (argille azzurre e marne blu,
360-380m, esposizione sud-est, pendenza 30%), Vigna Arcagna (Flysch di
Ventimiglia, 380-450m, esposizione ad est, pendenza 30%), Scartozzoni
(siltoso-sabbioso con lenti argilloso-marnose e conglomerati spesso
affioranti, 360-450m, esposizione est, nord-est, pendenza 50%) ed infine
la vigna Monte Curto (Flysch di Ventimiglia, 380-430m, esposizione sud,
pendenza 60%).
La conduzione dei vigneti (in regime biologico) e la
vinificzione delle uve aziendali (Pigato, Rossese e Vermentino) vengono
svolte nel rispetto della pianta e del vino, senza alterazioni
artificiose, ma al contrario trasformando le uve per esaltarne le
qualità naturali con pochi ma precisi interventi, per ottenere vini che
siano di volta in volta espressione del terroir e dell'annata.
Tutte
le fasi vengono scrupolosamente controllate dai proprietari stessi,
Filippo Rondelli e Franco Laconi, che al contempo si occupano della
conduzione agronomica ed enologica dell'azienda.
Quest'oggi ho avuto la fortuna di degustare il Rossese di Dolceacqua 2015.
Un
vino ottenuto da Rossese in purezza allevato ad alberello e cordone
speronato nei vigneti di Terre Bianche ed Arcagna, dove le piante hanno
un'età media compresa tra i 30 ed i 100anni.
La vinificazione avviene
in acciaio per opera dei lieviti indigeni, con una breve macerazione
pellicolare a temperatura controllata ed una sosta sulle fecce fini di 4
mesi che ne precedono l'imbottigliamento e la commercializzazione.
Nel calice il vino si presenta con un'affascinante, vivida e trasparente veste dalla tonalità rubina.
Al
naso spiccano netti sentori di amarene e lamponi, seguiti da richiami
floreali di violette di campo, di bacche di ginepro e accenni di
sottobosco.
Il sorso è teso, con una piacevole percezione
pseudocalorica che avvolge il palato cui fa da contraltare una buona
acidità, una sottile e fine trama tannica ed una lieve chiusura salina
ed ammandorlata che richiama coerentemente le note fruttate, floreali e
di sottobosco.
Ho avuto modo di apprezzare il Rossese di Dolceacqua
di Terre Bianche in un calice abbastanza voluminoso e di media apertura
ad una temperatura che idealmente dovrebbe aggirarsi intorno ai 14/15°C .
Personalmente lo abbinerei a del Coniglio alla Cacciatora
Prezzo in enoteca: 10-15€
Contatti: terrebianche.com/it
Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina
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