Di Antonio Indovino
Venezia Giulia IGT, Jakot, Radikon, 2007 (0,50l)
Ci troviamo ad Oslavia (frazione di Gorizia), nel Friuli Venezia Giulia, lungo il costone che dal ponte dell'Isonzo sale nel cuore del Collio verso San Floriano. Questa zona, trovandosi a ridosso della prima linea, è stata il teatro della Grande Guerra ed in quell’occasione la zona rurale fu quasi completamente rasa al suolo.
In talune circostanze le uniche forme di sostentamento erano l'allevamento del bestiame e la viticoltura e l’agricoltura in genere. Stanko nel '77 raccoglie il testimone nel nonno Franz Mikulus e del padre Edoardo Radikon. Giovane sì, ma con una grande passione per la terra ed una gran voglia di sperimentare che lo portano ad imbottigliare i suoi prmi vini a ridosso degli anni ’80. Il primo cambio netto col passato fu l’abbandono delle vecchie botti per passare all'uso dell'acciaio ma, una grandinata nel Giugno dell’85 gli apre la mente verso una nuova strada. Si ebbe un notevole diradamento dell'uva in vigna e l’esigua parte restante era sana e figlia di un'annata ottima, sebbene le uve avessero una minore acidità rispetto ai valori di riferimento. Secondo le analisi di laboratorio sarebbe stata necessaria una notevole correzione di acido tartarico, e così decise di lasciare tutto come natura aveva voluto con risultati sorprendenti ed inaspettati. Per Stanko fu un segnale chiaro ed univoco sulla strada da seguire.
Ha inizio, così, un grandissimo cambiamento in vigna e in cantina. In vigna vengono realizzati nuovi impianti con densità di 7.000-10.000 ceppi per ettaro, mentre in cantina vengono inizialmente sperimentate le barrique, poi i tini tronco-conici da 25-35 hl dove le uve bianche maceravano per 6 mesi.
Successivamente vengono aboliti i solfiti ed a poco a poco le barriques lasciano il posto alle grandi botti di rovere (30-35 hl) e le continue sperimentazioni portano a ridurre le macerazioni ai 3-4 mesi attuali.
Siamo arrivati quindi ai giorni nostri, dove questo "poeta del bere naturale" ha ormai consolidato una filosofia che mette sempre al primo posto il rispetto per l'ambiente e il territorio, eliminando in vigna tutti quei prodotti figli della chimica, che tanti danni creano all'ecosistema e alla salute di noi comuni mortali, cercando di produrre uve sane e con il giusto grado di maturazione.
In cantina utilizza lieviti indigeni, non esegue nessun tipo di trattamento, né chimico, né fisico o naturale. Solo qualche travaso da un contenitore all'altro. Tutto questo finalizzato a portare in bottiglia comunque un prodotto che sia sano, naturale ma anche di elevata qualità e fortemente identificabile e riconducibile al concetto di vino come figlio di un’uva, un’annata, un territorio.
Quest'oggi ho avuto la possibilità di degustare il Jakot (Tokaj al contrario) 2007.
È un vino ottenuto dalla vinificazione di uve Tocai Friulano in purezza che, una volta diraspate, vengono poste in tini di rovere dove fermentano a contatto con le bucce, senza il controllo della temperatura e senza aggiunta di lieviti selezionati. Per tenere sempre immerse le bucce durante tutta la macerazione si eseguono in media dalle 3 alle 4 follature manuali al giorno. Alla fine della fermentazione alcolica i tini vengono colmati e chiusi ed il vino rimane a contatto con le bucce per circa 3/4 mesi, periodo nel quale avviene anche la fermentazione malo-lattica.
Dopo la svinatura il vino riposa in botti di rovere da 25-35 hl, per circa 4 anni, durante i quali si effettuano vari travasi (solo se necessari). Successivamente il vino viene imbottigliato senza alcuna filtrazione né chiarifica in bottiglie da 0,50 e 1,0 l senza aggiunta di conservanti.
Ci troviamo di fronte ad un orange wine, vivido, consistente ed opalescente.
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Venezia Giulia IGT, Jakot, Radikon, 2007 (0,50l)
Ci troviamo ad Oslavia (frazione di Gorizia), nel Friuli Venezia Giulia, lungo il costone che dal ponte dell'Isonzo sale nel cuore del Collio verso San Floriano. Questa zona, trovandosi a ridosso della prima linea, è stata il teatro della Grande Guerra ed in quell’occasione la zona rurale fu quasi completamente rasa al suolo.
In talune circostanze le uniche forme di sostentamento erano l'allevamento del bestiame e la viticoltura e l’agricoltura in genere. Stanko nel '77 raccoglie il testimone nel nonno Franz Mikulus e del padre Edoardo Radikon. Giovane sì, ma con una grande passione per la terra ed una gran voglia di sperimentare che lo portano ad imbottigliare i suoi prmi vini a ridosso degli anni ’80. Il primo cambio netto col passato fu l’abbandono delle vecchie botti per passare all'uso dell'acciaio ma, una grandinata nel Giugno dell’85 gli apre la mente verso una nuova strada. Si ebbe un notevole diradamento dell'uva in vigna e l’esigua parte restante era sana e figlia di un'annata ottima, sebbene le uve avessero una minore acidità rispetto ai valori di riferimento. Secondo le analisi di laboratorio sarebbe stata necessaria una notevole correzione di acido tartarico, e così decise di lasciare tutto come natura aveva voluto con risultati sorprendenti ed inaspettati. Per Stanko fu un segnale chiaro ed univoco sulla strada da seguire.
Ha inizio, così, un grandissimo cambiamento in vigna e in cantina. In vigna vengono realizzati nuovi impianti con densità di 7.000-10.000 ceppi per ettaro, mentre in cantina vengono inizialmente sperimentate le barrique, poi i tini tronco-conici da 25-35 hl dove le uve bianche maceravano per 6 mesi.
Successivamente vengono aboliti i solfiti ed a poco a poco le barriques lasciano il posto alle grandi botti di rovere (30-35 hl) e le continue sperimentazioni portano a ridurre le macerazioni ai 3-4 mesi attuali.
Siamo arrivati quindi ai giorni nostri, dove questo "poeta del bere naturale" ha ormai consolidato una filosofia che mette sempre al primo posto il rispetto per l'ambiente e il territorio, eliminando in vigna tutti quei prodotti figli della chimica, che tanti danni creano all'ecosistema e alla salute di noi comuni mortali, cercando di produrre uve sane e con il giusto grado di maturazione.
In cantina utilizza lieviti indigeni, non esegue nessun tipo di trattamento, né chimico, né fisico o naturale. Solo qualche travaso da un contenitore all'altro. Tutto questo finalizzato a portare in bottiglia comunque un prodotto che sia sano, naturale ma anche di elevata qualità e fortemente identificabile e riconducibile al concetto di vino come figlio di un’uva, un’annata, un territorio.
Quest'oggi ho avuto la possibilità di degustare il Jakot (Tokaj al contrario) 2007.
È un vino ottenuto dalla vinificazione di uve Tocai Friulano in purezza che, una volta diraspate, vengono poste in tini di rovere dove fermentano a contatto con le bucce, senza il controllo della temperatura e senza aggiunta di lieviti selezionati. Per tenere sempre immerse le bucce durante tutta la macerazione si eseguono in media dalle 3 alle 4 follature manuali al giorno. Alla fine della fermentazione alcolica i tini vengono colmati e chiusi ed il vino rimane a contatto con le bucce per circa 3/4 mesi, periodo nel quale avviene anche la fermentazione malo-lattica.
Dopo la svinatura il vino riposa in botti di rovere da 25-35 hl, per circa 4 anni, durante i quali si effettuano vari travasi (solo se necessari). Successivamente il vino viene imbottigliato senza alcuna filtrazione né chiarifica in bottiglie da 0,50 e 1,0 l senza aggiunta di conservanti.
Ci troviamo di fronte ad un orange wine, vivido, consistente ed opalescente.
Al
naso emergono note di frutta candita, in particolar modo arancia e
cedro, di albicocche secche, fieno, origano, zenzero, radice di
liquirizia, millefiori, tè alla pesca, resina e mais tostato piccante.
È teso nell’ingresso in bocca, morbido e sorretto da una grandissima freschezza e sapidità, accompagnato da una lieve astringenza ed una lunga chiusura di bocca in cui si ripete con coerenza il ventaglio olfattivo.
Ho avuto modo di apprezzare il Jakot in un calice voluminoso e dall’ampia apertura, ad una temperatura di 14°C dopo averlo stappato con 2 ore di anticipo.
Personalmente ne consiglierei l’abbinamento ad una “Insalata Russa”, purchè non sia la variante fatta di sole verdure.
Prezzo in enoteca: 20-25€
Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina
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È teso nell’ingresso in bocca, morbido e sorretto da una grandissima freschezza e sapidità, accompagnato da una lieve astringenza ed una lunga chiusura di bocca in cui si ripete con coerenza il ventaglio olfattivo.
Ho avuto modo di apprezzare il Jakot in un calice voluminoso e dall’ampia apertura, ad una temperatura di 14°C dopo averlo stappato con 2 ore di anticipo.
Personalmente ne consiglierei l’abbinamento ad una “Insalata Russa”, purchè non sia la variante fatta di sole verdure.
Prezzo in enoteca: 20-25€
Contatti: www.radikon.it
Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina
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